Io sinceramente comincio a rompermi i coglioni.
Lo so si
poteva dire in modo meno brutale, ma mi sono anche rotto i coglioni di essere
corretto in una guerra, perché di questo si tratta, che di corretto non ha
nulla. Parlo della guerra contro i ciclisti che molti media portano avanti dal
giorno in cui abbiamo deciso di alzare la testa per rivendicare il nostro
spazio, per pretendere di non venire ammazzati per strada. Richieste legittime
e di buon senso, ma che vengono bollate come pretenziose e immorali.
Dopo l’allarme lanciato ieri da Repubblica motori per la crescita
incontrollata degli incidenti causati dai ciclisti (ben lo 0,6%!!!), oggi è il
turno de La Stampa che, cogliendo al balzo una dichiarazione di Boris Johnson,
sindaco di Londra notoriamente pro ciclisti, e quindi super partes, in cui afferma che vieterebbe l’uso di auricolari in
bici perché mettono a rischio i ciclisti, isolandoli dal traffico, ha dedicato
una mezza pagina, con tanto di infografica sulla mortalità in bici, al grandissimo
problema dei ciclisti indisciplinati.
Non bisogna essere sottili esegeti per
capire il messaggio: i ciclisti ascoltano la musica - i ciclisti muoiono - è
colpa loro.
Chiaramente nessun giornalista si è preso la briga di fare
il suo mestiere e di indagare quanti dei ciclisti morti in Italia avessero le
cuffie. Avrebbe scoperto che probabilmente non è mai accaduto. Tra l’altro stesso
discorso varrebbe anche per chi in auto, già isola dal contorno, ascolta la
radio, ma il problema non li ha sfiorati.
L’unica cosa vera di questo meschino messaggio, neanche
troppo sottile, è che i ciclisti muoiono (non che i giornali si sprechino a
parlarne quando accade). I ciclisti muoiono e muoiono ammazzati, ma stranamente
nessuno parla mai di chi ne è la causa. Forse perché i produttori di quelle
auto che sono nella quasi totalità dei casi le responsabili -per mancato
rispetto degli attraversamenti pedonali, per l’eccessiva velocità, per un parcheggio in doppia fila, per
distrazione- sono i principali inserzionisti dei giornali stessi. Ancora più vero
nel caso de La Stampa, giornale di casa Fiat, unica testata in Italia a non
aver parlato della campagna #salvaiciclisti alla sua nascita, e che da anni
ospita una rubrica che da voce ai lettori, Specchio dei Tempi, che pubblica quotidianamente
interventi contro i ciclisti e solo quelli: potete scriverne quanto volete a
favore, non vi leggerete mai.
Il quadro che ne emerge è che tutti odiano i ciclisti, che
sono la causa di tutti i mali. Questa non è informazione, è pubblicità e anche ingannevole.
E alla fine le colonne si riempiono di inutili opinionisti
che, cavalcando l’onda dello scontento che loro stessi hanno inventato, lamentano
l’arroganza dei ciclisti, la nascita di una lobby delle due ruote.
Cosa fareste voi se un vostro sacrosanto diritto, quello di
tornare a casa vivi e vegeti la sera, fosse non solo ignorato ma addirittura
osteggiato e si cercasse per giunta in
ogni modo di affibbiarvi la colpa di essere presi sotto?
C’è di che incazzarsi e tanto Ma noi continueremo a
combattere, civilmente come abbiamo fatto sempre, perchè questa, come tante, è
una battaglia di civiltà, una battaglia sui diritti e non sarà certo l’ostruzionismo
di qualche “giornalista” a fermarla.
Potete contarci.
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